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La nazione era lacerata da conflitti tra fazioni di guerrieri che lottavano per unirla sotto il loro nome. In quel periodo di caos emerse un comandante militare che grazie alla sua astuzia e saggezza si avvicinò più di chiunque altro a raggiungere l’obiettivo. Tutti lo conoscevano come il “Grande Shogun Shien”. Il suo cuore ardeva di ambizione mentre guardava il mondo con uno sguardo penetrante come la più affilata delle spade, emanando un carisma capace di mettere in riga qualsiasi soldato. Le sue abilità di comando erano ineguagliabili.

Ogni volta che indossava la sua armatura cremisi e calcava il campo di battaglia per guidare le truppe con un diabolico luccichio negli occhi, i nemici non avevano alcuna possibilità di vittoria e potevano considerarsi fortunati se riuscivano a fuggire. Quando Shien attaccava, gli avversari cadevano uno dopo l’altro sotto la sua spada. Ma anche se la sua forza non aveva rivali, quell’epoca non avrebbe permesso a Shien di governare la nazione da solo. Intorno a lui si affollava un nugolo di assistenti e consiglieri.

La sua dimora si stagliava scura nella luce del giorno come un’ombra torreggiante. Era chiamata “Il Castello di Nebbia di Shien”. Da questa roccaforte Shien governava i suoi territori. Ma per portare stabilità in quel paese turbolento non bastava un castello impenetrabile. Per costruire una nazione che fosse davvero forte e prospera doveva avere accanto menti brillanti.

Shien poteva contare su abili consiglieri per gestire gli affari interni, i suoi eserciti e perfino le attività di spionaggio. Sperava che, così facendo, sarebbe riuscito a gettare le basi della sua nazione ideale. Con l’aiuto del “Gran Maestro dei Sei Samurai” assoldò sei guerrieri d’élite come esercito personale. Li chiamò i “Sei Samurai” e insieme dominarono innumerevoli campi di battaglia.

Oltre a essere combattenti eccezionali, i Sei Samurai avevano anche un grande senso della giustizia e dell’onore. Il loro cuore era saldo e adamantino come il loro fisico e niente avrebbe potuto scalfire la lealtà nei confronti del loro padrone. Uno di essi era un celebre arciere che, concentrandosi con una calma quasi ultraterrena, riusciva a centrare qualsiasi bersaglio: “I Sei Samurai – Yaichi”. Poi c’era il genio degli esplosivi che con le sue bombe di inaudita potenza poteva fare a pezzi qualsiasi esercito, anche il più ben difeso: “I Sei Samurai – Kamon”. Il guerriero che con la sua lancia affilata poteva sfondare qualsiasi linea nemica: “I Sei Samurai – Yariza”. Lo spadaccino che con due spade di lunghezza diversa vorticava tra i nemici come una devastante tempesta: “I Sei Samurai – Nisashi”. L’uomo che brandiva un naginata talmente letale che nessuno sopravviveva dopo averlo visto: “I Sei Samurai – Zanji”. E infine un samurai che si era fatto un nome facendo a fette i nemici con attacchi furtivi usando la sua lunga spada: “I Sei Samurai – Irou”. Ciascuno di essi era il migliore nel suo campo e poteva contare su un esercito personale.

Shien si fidava ciecamente dei Sei Samurai. E per dimostrare la sua fiducia nelle loro eccezionali capacità, donò loro potenti destrieri e armature costruite dai migliori artigiani. Il segreto della forza dei Sei Samurai non stava nelle loro individualità, ma nel saper collaborare. Con l’obiettivo comune di conquistare la nazione per il loro padrone, si fidavano l’uno dell’altro e si coprivano le spalle a vicenda.

Sostenendosi sempre a vicenda ottennero vittorie su vittorie. Quasliasi battaglia affrontassero, i Sei Samurai erano sicuri di vincere, perché bastava la loro presenza per galvanizzare gli alleati e indurre addirittura alcuni nemici a fuggire. Tuttavia la strada per unificare la nazione non sarebbe stata facile e i nostri guerrieri l’avrebbero presto scoperto…

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